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Lo chef: Stephanie Meyer
Nasce nel ’73 in una famiglia già numerosa. Trapiantata a Phoenix da quando ha 4 anni, lì risiede tuttora con il marito. È religiosa mormone. Frequenta l’università a Provo nello Utah, dove consegue una laurea in letteratura inglese. Sposata nel 1994, ha tre figli.
Ha scritto la saga di Twilight tra il 2005 e il 2008, ottenendo un successo planetario. Negli anni successivi pubblica lavori correlati, come quello di cui parliamo oggi; e nel 2008 il primo romanzo della saga The Host. Elogiata in lungo e in largo dai fan, altrettanto criticata da voci autorevoli (come S. King) e dai movimenti femministi. Poco ci importa, siamo qui per il piatto.
Il cameriere
Fazi editore, vestito di nero, in tema con la cover di tutti i libri della serie. Non è la casa editrice responsabile del design eccezionale del piatto, perché si limita a servirlo in questo ristorante. Chi ha curato la copertina è oltreoceano, lontano, a studiare nutrimenti per palati già stranieri. In questa come nelle altre appartenenti all’universo Twilight, vengono centrati in pieno entrambi gli obiettivi che ogni copertina deve avere: catturare lo sguardo di chi sfila accanto allo scaffale in libreria, e incarnare il libro che rappresenta.
Impiattamento
Rimaniamo un po’ stupiti. È abnorme, una montagna di roba, quasi deborda dalla ceramica. Il cameriere non si scompone, sa che siamo qui perché conosciamo la fama del ristorante. È un piatto da abbuffata, ma la saga di Twilight, quantomeno da ragazzini, era bella: quindi, ci si tuffa.
Sapore
Sa di nostalgia. Su questo aspetto del pasto era pressoché impossibile sbagliarsi: se hai assaggiato l’intera saga prima di Midnight Sun, inevitabilmente ci si è affezionati ai personaggi, o agli ingredienti che dir si voglia. Risentirli in bocca è sempre bello, ci riporta a emozioni che per i più – vista la data di uscita della saga – sono giovanili, spesso adolescenziali, e quindi più intense. L’effetto è ottenuto tramite una narrazione a doppio taglio: il libro narra la storia di Twilight, spiccicata, ma dal punto di vista di Edward. C’erano due modi per rendere il sapore interessante: il primo era stravolgere le aspettative del lettore offrendo un vampiresco punto di vista del tutto inatteso ed emozionante, pur rimanendo plausibile e coerente con quanto sapevamo; l’altro metodo (quello sfruttato) era di aggiungere carne al fuoco, ossia mostrare nuovi aspetti di una composizione culinaria già nota, in sintesi, sapori inediti vengono ricamati su quelli di Twilight. Il problema è che ci si ritrova con un sapore quasi identico all’altro, e solo a tratti, perché proprio qui si nota quanto l’altro filo della lama sia tagliente: Midnight Sun paga il prezzo della scelta narrativa su cui è costruito, cibo viene aggiunto ad un piatto già letto e già abbondante nel tentativo di renderlo interessante.
Consistenza
Terribile. Non solo il contenuto è così abbondante che potrebbe sfamare un esercito, ma la narrazione espone il punto di vista del personaggio chiave di Twilight, Edward, oggetto di interesse per la protagonista in cui ci si dovrebbe immedesimare. Se nel piatto originale il vampiro aveva un sapore misterioso, esotico e alieno (e funzionava per questo), qui non è così. Il vampiro centenario, che sembrava tenebroso e affascinante, qui si diletta in treni inevitabili di riflessioni spicciole, adolescenziali e qualche volta al limite del fastidioso. Siamo qui indecisi se proseguire o meno a masticare, ed Edward è in una situazione simile, tentato dal cominciare a mangiare il suo (Bella, per l’appunto). In fretta si esaurisce l’interesse di chi legge per questa indecisione, perché viene declinata in comportamenti ripetuti, sia nei fatti che nel modo in cui essi sono narrati.
Le informazioni aggiuntive che la chef è costretta a fornire per rendere la narrazione appetibile, ad esempio il ritorno di Edward sulla scena dello stupro sfiorato, non bastano a rendere interessante un ammasso di cibo immenso, dalla consistenza stopposa, che fatica a farsi ingoiare.
Retrogusto
Persiste quel po’ di nostalgia che anche il solo vedere l’abito nero del cameriere era riuscito ad assicurare, ma è leggera sulla lingua, non dura a lungo. Dopo aver finito quasi a fatica un piatto così grosso, ci si aspetterebbe di più.
Digeribilità
Difficile. Il romanzo è pesante, la traduzione è ottima ma non può – per sua stessa natura, nel passare dall’inglese all’italiano – alleggerirlo. Mi sono ritrovato a saltare pagine intere di elucubrazioni piuttosto banali di un adolescente innamorato, sperando in qualcosa di nuovo.
Peristalsi
È un Young adult, quindi difficile che induca il parto a riflessioni esistenziali. Le riflessioni riguardano altri aspetti del piatto, quelli dietro le quinte. Quando bisogna lasciar riposare in pace la tua saga multimilionaria? Pochi devono porsi tale dilemma, ma forse ha tormentato la Meyer. Credo che Midnight Sun sia superfluo, non necessario, il risultato del pressing spietato di fan affamati e già con le forchette in mano. Riscrivere un libro da un altro punto di vista è difficilissimo, se non impossibile in termini di superamento della qualità, e la Meyer sa scrivere (The Host, ma anche la saga stessa sono validi esempi. Non vincerà mai il Nobel, ma sa scrivere). Questo romanzo, a mio parere, è stato vittima di una serie di scelte sbagliate: esasperare una saga già fin troppo munta, adottare il punto di vista di un personaggio che funzionava per il suo essere misterioso e apparentemente inarrivabile, e costruire la narrazione aggiungendo fatti accessori ad eventi già noti. Il risultato è un tomo troppo a cavallo del migliaio di pagine, di cui forse un centinaio suscitano interesse.
Ciao!